AMBA ALAGI
Amba Alagi è un'alta montagna (amba) dell'Etiopia (3.438 metri).
Si trova nella Regione dei Tigrè, nell'Etiopia settentrionale,
e più precisamente nell'area del Debubawi (sud). Dall'Amba Alagi
si domina la strada che collega Macallè e Mai Ceu; a causa della
sua posizione strategica, la montagna fu teatro di numerose battaglie.
Battaglia dell'Amba Alagi
La battaglia dell'Amba Alagi fu una celebre battaglia avvenuta durante
la guerra di Abissinia, presso il monte Amba Alagi, nell'acrocoro etiope.
Il 7 dicembre 1895 il presidio italiano comandato dal maggiore Pietro
Toselli, composto da 2.300 uomini tra nazionali ed indigeni, venne assalito
da circa 30.000 abissini; nello scontro, le forze italiane vennero completamente
annientate. Per onorare i caduti di questa sanguinosa battaglia, gli ascari
(la fanteria coloniale italiana) del IV Battaglione indigeni (intitolato
allo stesso Toselli) portarono da quel momento la fascia nera in segno
di lutto.
Antefatti
La montagna dell'Amba Alagi si trova nella regione di Tigrè, ed
è posta sulla principale via che collega l'Etiopia all'Eritrea,
all'epoca una colonia italiana; per via della sua posizione strategica,
la montagna era stata temporaneamente occupata, nell'ambito dell'invasione
italiana del Tigrè, il 13 ottobre 1895 da un contingente di truppe
al comando del generale Giuseppe Arimondi, nominato poi comandante delle
forze italiane dislocate nella regione. Il 16 novembre, informato che
un grosso esercito etiope al comando del negus Menelik si stava ammassando
ai confini della regione, Arimondi inviò sulla montagna, con compiti
di osservazione e presidio, una compagnia del III Battaglione indigeni
al comando del capitano Persico, rinforzandola il 24 novembre con un contingente
più numeroso, composto dal IV Battaglione indigeni (4 compagnie),
una serie di bandeirregolari eritree al comando di ras Sebath e Scech
Thala, e una batteria di artiglieria con quattro cannoni 7 BR Ret. Mont.,
il tutto posto al comando del maggiore Pietro Toselli; in totale, il maggiore
poteva contare su 2.350 uomini tra italiani ed indigeni del Regio corpo
truppe coloniali d'Eritrea.
Il 27 novembre Toselli si spinse in ricognizione con un piccolo distaccamento
verso il villaggio di Belagò, a nord di Mai Cèu, da dove
la sera del 28 avvistò i fuochi di un grosso accampamento; si trattava
dell'avanguardia del principale esercito etiope, forte di 30.000 uomini
posti al comando del cugino del negus, ras Mekonnen Welde Mikaél.
Toselli ripiegò sul villaggio di Atzalà, più vicino
all'Amba Alagi, inviando anche il 30 novembre un messaggio ad Arimondi
informandolo dell'avvistamento. Arimondi ritrasmise il messaggio di Toselli
al comandante in capo delle truppe italiane in Eritrea, generale Oreste
Baratieri, da poco tornato nella colonia dopo un viaggio in Italia, ed
iniziò a radunare truppe nella città di Macallè.
Il 1º dicembre, gli avamposti italiani ad Atzalà scambiarono
alcuni colpi con le truppe di testa della colonna di Mekonnen, dando così
inizio alle ostilità; conscio della schiacciante inferiorità
numerica, Toselli fece ripiegare tutte le sue truppe sull'Amba Alagi il
4 dicembre, chiedendo istruzioni ad Arimondi. Il generale ordinò
di mantenere la posizione ed informò Toselli che il 6 dicembre
sarebbe giunto egli stesso con un contingente di rinforzo, ma il 5 dicembre
Arimondi ricevette l'ordine da Baratieri di non muoversi da Macallè
e di far ripiegare sulla città il contingente di Toselli, mantenendo
il contatto con il nemico; il messaggio con l'ordine di ripiegamento non
raggiunse mai Toselli, che, ubbidendo al precedente ordine di resistere
in attesa dei rinforzi, si preparò al combattimento sull'Amba.
La battaglia
Prevedendo di combattere il giorno seguente, la sera del 6 dicembre Toselli
dispose le sue truppe a difesa del versante sud dell'Amba: sulla sinistra,
a difesa del passo di Falgà, vennero schierate le bande irregolari
di ras Sebath con, in appoggio, la compagnia ascari del capitano Issel,
mentre la compagnia del capitano Canovetti venne posta più avanti,
in direzione di Atzalà, a difesa del passo Alangi; al centro, in
una spianata a sud-ovest della vetta dell'Amba, vennero schierate la batteria
d'artiglieria e la compagnia del capitano Persico, con dietro, in riserva,
le compagnie dei capitani Ricci e Bruzzi Alieti; sulla destra, a difesa
del colle Togorà, vennero poste le bande irregolari di Scech Thala
e del tenenteVolpicelli.
La battaglia ebbe inizio alle 6:30 del 7 dicembre, quando una colonna
etiope attaccò frontalmente le posizioni della compagnia Canovetti,
venendo respinta con gravi perdite. Poco dopo, una colonna etiope guidata
da ras Oliè, compiendo una manovra aggirante, si abbatté
sulla banda di ras Sebath presso il passo di Falgà, obbligandola
a
ripiegare sulla posizione tenuta dalla compagnia ascari di Issel; la posizione
di Issel, rinforzata dalla compagnia di Canovetti accorsa in appoggio,
venne investita da grossi contingenti nemici, ma riuscì a resistere.
Verso le 9:00, Toselli inviò in appoggio all'ala sinistra la compagnia
ascari di Ricci, che giunse giusto in tempo per respingere un nuovo attacco
condotto dalle truppe di ras Mekonnen e ras Mikael.
Verso le 10:00 gli etiopi impiegarono il grosso delle forze, attaccando
la destra italiana con i contingenti di ras Alula Engida e ras Mangascià,
il centro con le truppe di ras Mekonnen e ras Mikael, e la sinistra italiana
di nuovo con le truppe di ras Oliè. Pressato da tre lati, alle
12:30 Toselli ordinò alle truppe dell'ala sinistra di ripiegare
a ridosso dell'Amba, mentre le salmerie venivano predisposte per la ritirata
generale attraverso il colle Togorà sotto la protezione di una
centuria al comando del tenente Pagella. Alle 12:40 Toselli diede ordine
di iniziare la ritirata a scaglioni, sotto la protezione della compagnia
del ten. Carlo Bruzzi Alieti; ben presto però le masse etiopi,
in schiacciante superiorità numerica, furono in grado di dilagare
sulla spianata davanti la vetta dell'Amba, travolgendo le truppe di Bruzzi
ivi attestate. Quando anche la resistenza delle bande dell'ala destra
cedette, la ritirata si trasformò in una fuga disordinata, e i
reparti italiani furono annientati. Il maggiore Toselli, che procedeva
in coda alla colonna in ritirata insieme ai capitani Canovetti, Persico
e Angherà, venne ucciso dagli etiopi con i suoi ufficiali nei pressi
della chiesa di Endà Medàni Alèm (o di Bet Mariàm).
Il contingente di Toselli venne quasi completamente annientato, con la
perdita di 19 ufficiali e 20 graduati e soldati italiani, e di circa 2.000
tra ascari ed irregolari.
I pochi superstiti, guidati ora dai tenenti Pagella e Bodrero, raggiunsero
alle 16:30 il villaggio di Adrerà, dove trovarono una colonna di
1.500 ascari italiani guidati dal generale Arimondi, partita la sera del
6 dicembre da Macallè per appoggiare il previsto ripiegamento di
Toselli; raccolti i superstiti, la colonna, sotto attacco da parte degli
etiopi, ripiegò in direzione di Macallè, ove giunse all'alba
del giorno dopo.
Seconda battaglia dell'Amba Alagi
La seconda battaglia dell'Amba Alagi fu una celebre battaglia della Seconda
guerra mondiale, svoltasi presso la montagna di Amba Alagi nella regione
del Tigrè, nell'odierna Etiopia settentrionale.
Le forze in campo
Italia
Al momento dell'attacco le truppe italiane raggiungevano i 7000 uomini
tra cui un battaglione mitraglieri, un reggimento di artiglieria con 40
cannoni da 65/17 ed un reggimento di fanteria.
Alleati
Il numero dei soldati britannici ammontava a 41.000 di cui 25.000 anglo-indiani
e 16.000 abissini. Constava di una divisione indiana, un raggruppamento
di brigate sudafricane e vari reparti indigeni. Dopo la conquista di Dessiè
si unì a loro un gruppo di guerriglieri etiopici.
Le cause
Durante la Seconda guerra mondiale, di fronte alla travolgente avanzata
dei britannici nell'Africa Orientale Italiana, il Viceré d'Etiopia
Amedeo di Savoia aveva dato alle sue truppe l'ordine di proseguire la
lotta nei ridotti dell'Amba Alagi, del Galla Sidama e dell' Amara. Le
truppe italiane rimaste al comando di Amedeo di Savoia, si ritirarono
da Addis Abeba per organizzare l'ultima resistenza sulle montagne dell'Amba
Alagi, mentre il Galla Sidama era difeso dal generale Pietro Gazzera e
l'Amhara dal generale Guglielmo Nasi. Gli italiani lasciarono Addis Abeba
il 5 aprile e la città venne occupata dagli inglesi il giorno dopo.
La resistenza
Il 17 aprile il duca d'Aosta si asserragliò con 7.000 uomini sull'Amba
Alagi fortificandola. L'Amba Alagi è un monte alto circa 3000 metri
che fa parte di una catena montuosa formata da 9 monti; nei pressi della
catena montuosa si
trova la strada che da Dessiè porta al nord e attraversava la catena
tramite il passo Alagi, dal nome del monte che lo domina.
Gli inglesi ebbero l'ordine di inseguire gli italiani ed occupare la loro
posizione. Dopo 3 giorni di marcia, rallentata dai numerosi tratti di
strada distrutti e dalle resistenze italiane, il 22 aprile gli inglesi
espugnarono la città di Dessiè, a sud dell'Amba Alagi. Alla
fine del mese la situazione cominciò a complicarsi per gli italiani
che si trovano senza rifornimenti, con le truppe indiane provenienti dall'Eritrea
ai piedi dell'Amba guidate dal generale Cunningham.
Nei primi di maggio crebbe la pressione dei britannici, ma il 3 maggio
gli italiani respinsero un duplice attacco inglese: mentre un reggimento
avrebbe fatto da diversivo muovendosi verso est, verso il passo Falagà,
un battaglione avrebbe guidato l'attacco al massiccio centrale; entrambi
gli attacchi furono respinti dagli italiani.
Il 4 maggio gli inglesi riuscirono a occupare tre cime della catena grazie
all'intervento dell'artiglieria. Il giorno successivo riuscirono a occupare
un'altra cima, ma non arrivarono oltre per l'efficace fuoco di sbarramento
operato dalle mitragliatrici italiane. Nel silenzio della notte gli inglesi
riuscirono a risalire l'Amba e ingaggiarono battaglia; nel frattempo un
altro gruppo di inglesi approfittò dello scontro per occupare un
altro monte. Poi, l'arrivo di nuovi rinforzi inglesi consentì loro
l'occupazione della nuova cima. La montagna successiva fu conquistata
dopo altri due attacchi il 14 maggio. Ora rimaneva soltanto l'Amba Alagi.
La fine
I soldati italiani, inferiori sia per numero che per mezzi diedero prova
di grande valore in questa battaglia ma, rimasti in pratica senza più
acqua e viveri, si dovettero infine arrendere ai britannici il 17 maggio
dopo una strenua resistenza e per questo ottennero l'onore delle armi,
reso non solo in omaggio all'alto appartenente della Casa Reale italiana.
È degno di nota (e pressoché regolarmente ignorato nei libri
di storia) il fatto che, poco prima della resa, il Duca avesse autorizzato
gli ufficiali a lasciar tornare nei propri villaggi le truppe indigene
che, con martellante frequenza, erano state minacciate dagli assedianti
dell'Amba Alagi di drammatiche ritorsioni ai danni dei loro averi e delle
loro famiglie qualora gli ascari non si fossero consegnati alle truppe
di Sua Maestà britannica. A fronte di tale autorizzazione - come
risulta dai Bollettini del SIM (Servizio Informazioni Militare) conservati
presso l'Archivio Centrale di Stato di Roma, rubricati sotto l'anno 1941
- gli abbandoni non furono superiori alla quindicina di casi, tutti peraltro
attuati controvoglia dai soldati indigeni che, con i loro ufficiali, avevano
creato nel tempo un profondo rapporto cameratesco reso più intenso
dalle difficoltà belliche.
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